Quest’anno è stato il mio peggior risultato. Forse quello più ricco di significato.
La Cortina-Dobbiaco Run è una delle mie corse preferite.
Mi piace tutto: l’austerità dell’antico hotel, ora Centro Congressi, dove si ritirano i pettorali e dove un tempo Mahler andava in vacanza, le montagne meravigliose che circondano Dobbiaco, l’aria frizzante della mattina, lo strüdel, l’emozionante partenza a Cortina e poi quel percorso che sa di avventura per chi corre sempre in città.
Un percorso duro con tanta salita e tanta discesa, semplicemente incantevole: si corre sulla pista ciclabile che da Cortina porta a Dobbiaco, un tempo ci passava un treno di lì, oggi è una strada bianca che costeggia prati, montagne e laghi.
Impossibile non guardarsi attorno e se si è fortunati scorgere le Tre Cime di Lavaredo. L’Arrivo ė nel Parco Gustav Mahler.
Sono 30 chilometri.
Non ho mai pensato di rinunciare a questa gara per la stanchezza post terapia. So bene che così tanti chilometri non si improvvisano e neppure si corrono con leggerezza. Ho deciso di partecipare comunque, pur mettendoci tanti minuti in più rispetto alle passate edizioni.
È stata una partecipazione diversa quest’anno. Sabato pomeriggio mi hanno invitata a raccontare la mia storia di malattia e sport in occasione della Run For, gara benefica a favore dell’Associazione Assistenza Lotta Tumori Alto Adige/Südtirol. Ho incontrato una persona speciale, Leonardo Cenci, maratoneta con un cancro in atto che a novembre ha corso la maratona di New York. Leonardo ha dato vita a una Associazione (www.avantitutta.org) che si pone come obiettivo quello di dare dignità ai malati oncologici e promuovere la pratica sportiva nei protocolli di terapia contro il cancro e favorire una campagna di solidarietà per acquistare materiali per il reparto di oncologia dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. La sua storia mi ha commossa e il suo entusiasmo mi ha colpita nel cuore. Anche lui corre la Cortina-Dobbiaco Run.
È domenica mattina, giorno della gara. Con alcuni amici salgo sulla navetta che ci porta a Cortina. Siamo allegri ma anche un po’ preoccupati. Ognuno di noi sembra non essere pronto per affrontare quell’impresa. In ordine ci lamentiamo di avere male al piede, al tendine, al gluteo, al ginocchio. Non ci sentiamo allenati e, in effetti, non lo siamo. Ci chiediamo anche se sia meglio ritirarsi o camminare fino all’ultimo chilometro.
Penso a Leonardo e le sue metastasi. La vita è così: piccoli e grandi ostacoli da superare. Ogni volta ci sentiamo inadeguati di fronte a un problema fino a quando non se ne presenta uno più grande.
Riusciamo tutti a conquistare il traguardo. Carlo, Viviana, Ernestina, Marco, Beppe, Francesco, Federica, Daniele, Paolo: ci siamo tutti. Nonostante allergie, infortuni, gambe dolenti, fiato corto passiamo sotto lo striscione dell’arrivo. Molti di noi piangono per l’emozione di avercela fatta e chissà per quali altri motivi. Credo che il coraggio di Leonardo in tutto questo c’entri qualcosa.
Mi chiedo quante storie di fragilità e forza, di paura e coraggio si sono incontrate sui quei 30 chilometri di bellezza.
È un rituale collettivo di grande potenza. A volte correre una gara è tanto altro.