preferisco correre

Adesso esco a correre

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– ma quante scarpe aveva?

– beh, tante direi.

– questa collana la ricordo benissimo.

– ma guarda questa!

– le collane sono tantissime!

È così che Elisa ed io ci facciamo forza e affrontiamo quel faticoso lavoro di selezione degli oggetti di mamma: i suoi colorati e eleganti foulard, le sue tante collane, le maglie, i cappotti, le sciarpe e tutto il resto.

Sappiamo che lei avrebbe voluto regalare le sue cose a persone in difficoltà e noi con tutto il coraggio possibile cerchiamo di selezionarle, tenendo per noi quelle che hanno un significato particolare.

I suoi oggetti parlano di lei, dei suoi gusti, del suo umore, delle sue passioni, del suo rigore, delle sue scelte di vita. I suoi oggetti disposti sul letto in attesa di nuova destinazione ricostruiscono la sua storia.

Due giorni in cui ci immergiamo nel suo mondo.

Due giorni di settembre con sole e cielo terso. Con una luce forte che illumina la stanza.

Gli oggetti escono dalla casa un po’ alla volta, sistemati bene in scatoloni e borse come lei avrebbe fatto. L’ultimo regalo che Carlo ed io le facemmo, con un po’ di ironia, fu un libro intitolato “Il magico potere del riordino” dell’autrice giapponese Marie Kondo. Lei mi lasciò un messaggio di commento. Scrisse: davvero sorprendente!

In effetti troviamo tutto molto in ordine e cerchiamo di mantenerlo anche nel nostro lavoro. Il distacco non fa male, quegli oggetti riavranno una nuova vita. Magari emozioneranno di nuovo destinatari sconosciuti e circoleranno ancora una volta tra mani pronte ad accoglierli. Mamma si è sempre occupata dei meno fortunati e questo sarà il suo ultimo gesto di generosità.

– Elisa, ma guarda questo!

Un colbacco nero sbuca fuori da un armadio, ci mettiamo a ridere. Non resisto, lo indosso e mi presento così in cucina dove i miei nipoti stanno guardando la tv. Dietro di me, mia sorella si gusta la scena. Ridiamo tutti.

Terminiamo il lavoro a metà pomeriggio, il sole è già basso. Mi infilo le scarpe da corsa e mi dirigo verso la campagna. Mi sento legata e stanca, raggiungo un piccolo paese e decido da lì, di tornare indietro. La strada del ritorno mi regala un tramonto incantevole sulle montagne, correndo mi godo lo spettacolo e l’aria un po’ frizzante di inizio autunno.

– mamma, abbiamo fatto un buon lavoro. Saresti orgogliosa di noi.

Dico a bassa voce.

Intanto mi sembra di avere le gambe più sciolte, accelero e arrivo bene, più serena.

Corro con il sole che ancora riesce a scaldarmi, corro pensando a questi ultimi mesi, mesi difficili ma anche mesi di tante corse fortunate, di nastri tagliati, di incontri belli nello sport. Corro pensando alla terza tappa della Maratona Reale, dove la mia giovane avversaria in prossimità del ristoro mi passa l’acqua e poi non si risparmia di farmi tanti complimenti quando giungo per prima al traguardo. Pensando a quella gara, mi vengono in mente tutti quelli che mi hanno tifato fino all’ultimo metro, che hanno gioito per me. E poi l’emozione del traguardo. E quel nastro che è privilegio di pochi e che alcuni anni fa non avrei mai pensato di tagliare. Gli abbracci, le risate durante la premiazione. Quante sorprese nella mia vita!

La corsa mi ha aiutato ad avere più coraggio, a sentirmi più forte e più generosa.

Per loro, per quelli che tifano da sempre per me, sono pronta a indossare il buffo colbacco, ogni volta che sarà necessaria una risata. E un po’ di allegria.

– Elisa, il colbacco lo teniamo.

Si avvicina Federico:

– zia, va benissimo come vestito di carnevale. Mi fa venire in mente le guardie di Londra.

– hai ragione Federico.

Federico si infila il cappello e il suo viso si illumina. Cammina su e giù come una guardia, alzando le gambe tese e muovendo le braccia come un burattino.

– Elisa, abbiamo fatto un buon lavoro.

– Si credo di sì. Carla, cosa fai adesso?

– Adesso esco a correre.

E mi sento un po’ più coraggiosa.

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