preferisco correre


Che paura e che bellezza la Maratona Reale!

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– Come sei arrivata?

– Seconda.

Seconda assoluta alla Maratona Reale. Una grande soddisfazione, un buon risultato, ma soprattutto un’esperienza bellissima.

Mi sono impegnata molto in queste quattro prove e in ognuna ho incontrato difficoltà differenti e gioie inaspettate. Non avevo mai partecipato a un circuito di gare con classifica finale e questa formula man mano che si definiva mi ha messo un po’ in difficoltà. Ha creato in me un po’ di ansia. Riesco poco a fare calcoli. A considerare strategie. Ad allenarmi in modo mirato.

A dirla tutta ho sempre una gran paura, nonostante i miei risultati. Una paura pazzesca. Una paura da rompere le scatole a tutti. Sono autenticamente una fifona e un’insicura. Ma alla fine corro.

Corro perché mi fa star bene, perché mi diverte,  perché mi sembra una di quelle poche cose che mi vengono abbastanza bene. Corro per stare in mezzo alla gente, per provare a farcela.

Corro soprattutto per avere meno paura. Forse per fare esercizio di coraggio.

Durante queste quattro gare ho provato la corsa con la febbre, la corsa dello star bene, la corsa dell’agitazione, del fiato corto e del mal di stomaco. Ogni gara è stata diversa dalle altre. L’ultima gara è stata la più sofferta. Ero stanca da settimane, con tanti pensieri che mi appesantivano. Mi spiaceva deludere chi si era immaginato una mia vittoria e chi mi credeva forte e combattiva. Mi sono presentata alla partenza terribilmente agitata. Così agitata da non controllare il ritmo della corsa. Sono partita come un fulmine, sicuramente troppo veloce, e poi ho rallentato per una fitta tremenda allo stomaco. Intanto la mia avversaria è caduta, non l’ho vista arrivare, mi sono dispiaciuta, non ho capito cosa fosse successo, ma ho capito che qualcosa non stava funzionando. Ho perso la concentrazione, ho rallentato e poi ho accelerato, ho iniziato a respirare male e a sentire fitte allo stomaco. Nel frattempo Carola, la mia avversaria, mi ha raggiunta e con una grinta incredibile ha tagliato il traguardo per prima.

La corsa per me è anche questo: agitarsi, sbagliare, sentirsi impreparati, ritirarsi, rallentare, ripartire, sentirsi forti e non esserlo, sentirsi deboli e ritrovarsi forti, ridere e piangere, pensare di non farcela, farcela con facilità, stupirsi di sé stessi, immaginarsi risultati improbabili, rinunciare a raggiungerli, sentirsi inadeguati. La mia corsa non potrà mai essere un secco calcolo matematico. E a me questa cosa piace. Anzi, un po’ mi rasserena.

La Maratona Reale è diventata soprattutto un piccolo tour tra amici. Una somma di tempi, ma anche di tanti momenti emozionanti.

In ordine sparso ricordo:

– Carola che mi passa l’acqua durante la terza tappa.

– All’arrivo di tutte le tappe Viviana che mi sorride.

– Carlo che mi manda un bacio sulla linea di partenza, cogliendo sempre la mia agitazione.

– Gli amici di BR che gioiscono per i miei risultati al termine di ogni tappa e quelli che mi incoraggiano durante la gara, superandomi.

– Rusty che mi tifa fino all’ultimo metro della terza tappa. Grazie Presidente!

– Il nastro dell’arrivo e la mia emozione per la vittoria della terza tappa.

– Federico che guarda la zia sul podio al termine della prima prova, un po’ deluso per il secondo posto.

– Gli indispensabili riscaldamenti di Paolo prima di ogni gara. E i suoi consigli.

– Elena e i suoi immancabili selfie durante la premiazione.

– La birra con la mia amica Renata al termine della prima tappa e i nostri balletti in attesa delle premiazioni.

– Vittoria che emozionata mi consegna l’acqua all’arrivo.

– I volontari a piedi, in bici, in moto. Grazie per il tifo!

– Lo staff organizzativo che ha garantito un’atmosfera di allegria e di festa.

– Fausto Bio Correndo che ha raccontato le gare e spesso mi ha emozionata con i suoi articoli.

– Le telefonate a papà e a i miei fratelli al termine della gara.

Arrivederci paura! Ci vediamo alla prossima gara.


Adesso esco a correre

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– ma quante scarpe aveva?

– beh, tante direi.

– questa collana la ricordo benissimo.

– ma guarda questa!

– le collane sono tantissime!

È così che Elisa ed io ci facciamo forza e affrontiamo quel faticoso lavoro di selezione degli oggetti di mamma: i suoi colorati e eleganti foulard, le sue tante collane, le maglie, i cappotti, le sciarpe e tutto il resto.

Sappiamo che lei avrebbe voluto regalare le sue cose a persone in difficoltà e noi con tutto il coraggio possibile cerchiamo di selezionarle, tenendo per noi quelle che hanno un significato particolare.

I suoi oggetti parlano di lei, dei suoi gusti, del suo umore, delle sue passioni, del suo rigore, delle sue scelte di vita. I suoi oggetti disposti sul letto in attesa di nuova destinazione ricostruiscono la sua storia.

Due giorni in cui ci immergiamo nel suo mondo.

Due giorni di settembre con sole e cielo terso. Con una luce forte che illumina la stanza.

Gli oggetti escono dalla casa un po’ alla volta, sistemati bene in scatoloni e borse come lei avrebbe fatto. L’ultimo regalo che Carlo ed io le facemmo, con un po’ di ironia, fu un libro intitolato “Il magico potere del riordino” dell’autrice giapponese Marie Kondo. Lei mi lasciò un messaggio di commento. Scrisse: davvero sorprendente!

In effetti troviamo tutto molto in ordine e cerchiamo di mantenerlo anche nel nostro lavoro. Il distacco non fa male, quegli oggetti riavranno una nuova vita. Magari emozioneranno di nuovo destinatari sconosciuti e circoleranno ancora una volta tra mani pronte ad accoglierli. Mamma si è sempre occupata dei meno fortunati e questo sarà il suo ultimo gesto di generosità.

– Elisa, ma guarda questo!

Un colbacco nero sbuca fuori da un armadio, ci mettiamo a ridere. Non resisto, lo indosso e mi presento così in cucina dove i miei nipoti stanno guardando la tv. Dietro di me, mia sorella si gusta la scena. Ridiamo tutti.

Terminiamo il lavoro a metà pomeriggio, il sole è già basso. Mi infilo le scarpe da corsa e mi dirigo verso la campagna. Mi sento legata e stanca, raggiungo un piccolo paese e decido da lì, di tornare indietro. La strada del ritorno mi regala un tramonto incantevole sulle montagne, correndo mi godo lo spettacolo e l’aria un po’ frizzante di inizio autunno.

– mamma, abbiamo fatto un buon lavoro. Saresti orgogliosa di noi.

Dico a bassa voce.

Intanto mi sembra di avere le gambe più sciolte, accelero e arrivo bene, più serena.

Corro con il sole che ancora riesce a scaldarmi, corro pensando a questi ultimi mesi, mesi difficili ma anche mesi di tante corse fortunate, di nastri tagliati, di incontri belli nello sport. Corro pensando alla terza tappa della Maratona Reale, dove la mia giovane avversaria in prossimità del ristoro mi passa l’acqua e poi non si risparmia di farmi tanti complimenti quando giungo per prima al traguardo. Pensando a quella gara, mi vengono in mente tutti quelli che mi hanno tifato fino all’ultimo metro, che hanno gioito per me. E poi l’emozione del traguardo. E quel nastro che è privilegio di pochi e che alcuni anni fa non avrei mai pensato di tagliare. Gli abbracci, le risate durante la premiazione. Quante sorprese nella mia vita!

La corsa mi ha aiutato ad avere più coraggio, a sentirmi più forte e più generosa.

Per loro, per quelli che tifano da sempre per me, sono pronta a indossare il buffo colbacco, ogni volta che sarà necessaria una risata. E un po’ di allegria.

– Elisa, il colbacco lo teniamo.

Si avvicina Federico:

– zia, va benissimo come vestito di carnevale. Mi fa venire in mente le guardie di Londra.

– hai ragione Federico.

Federico si infila il cappello e il suo viso si illumina. Cammina su e giù come una guardia, alzando le gambe tese e muovendo le braccia come un burattino.

– Elisa, abbiamo fatto un buon lavoro.

– Si credo di sì. Carla, cosa fai adesso?

– Adesso esco a correre.

E mi sento un po’ più coraggiosa.