– Cosa hai mamma?
– Niente, Carlina. È solo malinconia.
La mia famiglia andava in vacanza nel mese di luglio. In campeggio. Stipati dentro un’auto, borse sulle ginocchia, carrello tenda, si puntava dritti al mare, in Toscana o più a sud.
Papà guidava concentrato, noi ci lamentavamo perché stavamo stretti e avevamo caldo e mamma cercava di mantenere la calma, messa in mezzo tra il nervosismo e la stanchezza di mio padre e i nostri capricci.
Arrivati alla meta, la fatica proseguiva nella scelta del campeggio, che poteva essere già pieno (come segnalava il cartello all’esterno) oppure ancora con qualche disponibilità di posti. Lo si girava a piedi, affamati e stanchi, sotto il sole, si guardavano i servizi igienici, l’ombra garantita dagli alberi e poi ci si consultava tra noi: il più delle volte si proseguiva per visitarne almeno altri due, infine esasperati se ne sceglieva uno, magari peggiore di quelli visti qualche chilometro prima oppure proprio quello che tutti noi desideravamo.
L’impresa si concludeva con l’ingresso in auto con il traino all’interno del campeggio fino alla nostra piazzola. E finalmente si procedeva con il posizionamento del carrello tenda. A quel punto si parlava poco tra noi, stanchi e un po’ preoccupati che tutto andasse bene. Io ero sicuramente la più musona, forse sognavo sempre qualcosa di meglio. Mia mamma e mia sorella erano più ottimiste, mio fratello cercava di aiutare papà.
Avevamo tutti molta fame, perché l’ora di pranzo era di solito l’ora in cui si arrivava a destinazione. Mia madre tirava fuori dal frigo portatile l’insalata di riso, immancabile piatto in qualsiasi viaggio oltre le due ore, apriva un telo a terra, ci faceva sedere distribuendoci piatti e posate di carta e mio padre ormai stremato dalla stanchezza apriva lo scomodo carrello tenda. Ancora qualche acrobatica manovra per raddrizzarlo e poi anche lui si cercava un posto per sedersi e guardare a distanza la sistemazione conquistata. Aveva il viso stanco e tirato. Infine andava a parcheggiare la macchina. Lì, dopo quell’ultima azione, la nostra vacanza aveva inizio.
Nel 1986 morì mia nonna e qualche mese dopo noi partimmo per le vacanze.
Mia mamma cercava di nascondere il dolore, ma ogni giorno per qualche ora vedevo il suo sguardo intristirsi. Sorrideva, ma era triste.
Ripeteva che era solo malinconia. A me veniva un crampo allo stomaco a vederla così, e lei, a quel punto, diceva:
– Su, andiamo a caccia di bellezza!
La mia vacanza a Cannes è stata la mia prima vacanza senza mamma. Senza la nostra consueta telefonata, la telefonata in cui le raccontavo che stavamo bene, che forse avremo speso un po’ di più rispetto alle previsioni, che era tutto bellissimo. Finivo col raccontarle qualche dettaglio che avevo notato, qualcosa di frivolo e divertente. La nostra conversazione, di solito, si concludeva così:
– Mamma, è davvero bello. Mi piacerebbe tornarci con te.
– Grazie Carlina. Per ora cattura tutta la bellezza che puoi.
A Cannes è stato tutto emozionante: il giorno della gara di Carlo, le cene con gli amici, le passeggiate lungo il mare, il mercato, le isole Lérins, la corsa sulla Croisette. Eppure, in alcuni momenti, mi sono sentita triste:
“È solo malinconia, Carlina”. Ho ripetuto più volte a voce bassa.
Un giorno sono stata a un mercato dell’antiquariato e dell’usato, una passione ereditata da mamma che adorava aggirarsi tra i banchi alla ricerca di qualche ciarpame affascinante. Ho pensato a lei, a quando rientrava a casa con qualche oggetto acquistato al mercatino, di solito rideva e diceva:
– Al mercatino ci sono più “baracche” che cose interessanti, ma è divertente. Ho trovato una piccola cosa.
A quel punto tirava fuori un foulard, una tazzina, un vaso, un anello o chissà quale altro oggetto in cui aveva intravisto bellezza.
Al mercatino di Cannes con un foulard di seta tra le mani ho pensato di telefonare a mamma:
– Non sai cosa ho trovato, mamma!
Ho posato quel foulard simile a quelli che lei indossava e ho proseguito il giro tra le bancarelle.
Qualche ora più tardi ero con Carlo sull’Isola di Santa Margherita, seduta su uno scoglio.
– Che meraviglia, Carlo.
– Si, è bellissimo.
– Fermiamoci ancora un po’.
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