preferisco correre


Il dolore buono

Dieci anni fa presi parte alla mia prima gara competitiva. Era aprile, c’era il sole, e con mio papà e mia mamma venni a Torino per correre la mia prima Vivicittà.

A quell’epoca correvo per tenermi in forma, non era un gran bel periodo, lavoravo tanto e mi divertivo poco.

Quel giorno mio papà mi svegliò prestissimo con una telefonata invitandomi a fare qualcosa di diverso: correre al Parco del Valentino in una giornata di sole. Mi convinse minimizzando sulla gara e dicendomi che lui e mamma avrebbero fatto la camminata di 4 chilometri. Mi disse che il Parco del Valentino in primavera era bellissimo. Che valeva la pena provare a fare una gara tanto per far qualcosa di diverso.

Così mi preparai velocemente e lui mi venne a prendere a casa. In viaggio gli chiesi di quanti chilometri era la gara e ovviamente lui diede una risposta approssimativa:

– circa una decina

disse, senza aggiungere molto altro.

Mio padre ha sempre adottato questa tecnica per convincerci a fare imprese sportive. Quando si partiva per una gita in montagna, arrivati al parcheggio, guardava verso la meta e diceva:

– ci vorrà un’ora a piedi, se non vi fermate ogni 10 minuti anche meno.

E quasi sempre il sentiero richiedeva circa due ore di cammino.

In fondo però ha sempre avuto ragione lui, non ci siamo mai buttati per terra esausti, i miei fratelli ed io, al massimo finivamo per lamentarci e tenevamo il broncio per qualche ora. Ma alla meta, in qualche modo, si arrivava sempre.

Quella mattina del 2008 al Valentino, ero davvero inesperta, mi iscrissi alla gara, mi avvicinai alla partenza e con le cuffiette a tutto volume iniziai a correre. La gara mi sembrò lunghissima. Faticai parecchio, eppure su uno dei ponti del percorso ricordo di aver pensato che correre non era poi così male.

Arrivai sul rettilineo finale e vidi a farmi il tifo mio padre e mia madre. Proprio lei, con quel suo indimenticabile sorriso. Credo che fu l’unica volta che mamma vide un mio arrivo.

Oggi ho scelto di correre la Vivicittà. E ho pensato a mamma tutto il tempo.

Oggi non ho sentito male al gluteo, nonostante l’infortunio. Non ho sentito nulla, solo il dolore che mi accompagna dal 5 marzo. Oggi volevo ricordare quel giorno di aprile di tanti anni fa e cercare di fare ancora meglio.

Da quella gara in poi la corsa entrò nella mia vita, regalandomi gioie, soddisfazioni, amicizie e forza. E soprattutto l’amore.

Qualche settimana fa ho corso piangendo fino al traguardo, sentivo il mio cuore scoppiare e all’arrivo piansi ancora molto abbracciando un caro amico. Non riuscivo a trattenere le lacrime.

Questa mattina il dolore e il ricordo hanno preso un’altra forma, forse un po’ più dolce. Mi è parso un dolore più buono. Un ricordo più conciliante. Ho immaginato di entrare in un disegno con tanti puntini da unire con una matita e ho provato a tracciare una linea tra due puntini.

Questa mattina ho vinto. Ho vinto ricordando quel giorno in cui scoprii che la corsa non è poi così male e immaginando il sorriso di mamma.

Ho vinto per telefonare a papà e dire:

– comunque sono 12 chilometri, papà. Ma oggi ho vinto. E mamma ha sorriso anche questa volta. Ne sono sicura.