preferisco correre

Ho pianto sul podio

Ho pianto. Sì, questa volta ho pianto davvero sul podio.

– Carla, muoviti, ti stanno cercando per la premiazione!

– Per la premiazione? Quale premiazione?

– Sei la prima donna italiana. Vieni con me, ti stanno aspettando, mi dice Carlotta.

Sono seduta sul marciapiede e mi sto sfilando la maglia, quando la srotolo di nuovo in vita per capire cosa sta succedendo.

– Non è uno scherzo, sei prima!

Penso che non ho avuto il tempo di sistemarmi la tuta, i capelli sembrano quelli di Piperita Patty, l’amica di Charlie Brown, non mi sono neppure cambiata la maglietta, ho il pettorale con soli due spilli, forse puzzo, insomma, non sono sicura di voler andare così, ma la premiazione è già iniziata, per motivi logistici si fa in fretta per poi andare in conferenza stampa e all’anti-doping. Prendo le mie borse, la bottiglietta d’acqua e seguo Carlotta, più lucida di me.

E poi salgo sul podio. Ricevo la coppa e dei fiori bellissimi e suona l’inno di Mameli.

Mi sembra impossibile e invece succede tutto sul serio. Inizia a scendermi qualche lacrima. Nessuno conosce la mia storia a Napoli, non sanno che mi sono ammalata e che è un miracolo che io sia lì, che mai avrei immaginato di poter salire su un podio in una gara internazionale. L’inno sembra durare tantissimo. Forse dovrei star ferma, ma non ci riesco. Non trattengo più le lacrime e libero il pianto. Piango fino alla fine della premiazione. Piango.

Poi i complimenti, l’abbraccio di Carlo dopo la premiazione, l’affetto dei miei amici presenti a Napoli, le foto, i messaggi meravigliosi dei miei compagni di corsa, di tutta la mia squadra, dei miei colleghi, degli amici, la telefonata alla mia famiglia. Poi la pizza e il brindisi. Un paio d’ore di stordimento completo. E ancora una passeggiata con Carlo sul lungomare, al sole, con lo sguardo rivolto al Vesuvio.

E dire che non ero sicura di correre. Come spesso accade quando ci si allena, un muscolo della gamba si era contratto a inizio settimana, sapevo che non era nulla di importante ma ero piuttosto insicura sul risultato finale. Anche un po’ dispiaciuta. Poi durante la gara, ho smesso di pensare alla gamba, sentivo male ma non troppo e ho deciso di provare a correre bene. Ero rilassata, senza obiettivi, ho avuto dei buoni compagni di corsa che mi hanno incoraggiata per tutto il percorso, un runner vestito di verde che non ha smesso di sostenermi e ricordarmi che eravamo lì per goderci la gara. Non sapeva nulla della mia storia, ma sembrava conoscermi da sempre. Correndo lungo il golfo di Napoli mi sono sentita fortunata, tanto, e in piazza del Plebiscito ho anche sentito la voce di un’amica d’infanzia, la mia amica Ines, con la quale da piccola facevo atletica. Ho girato la testa verso quella voce e le ho sorriso. Che sorpresa anche quella!

Nel pomeriggio ho ripensato tante volte a quello che era successo. Mi sono seduta su una panchina di fronte al mare. Mai avrei immaginato di ritrovarmi su un podio di una corsa internazionale. Non lo immaginavo prima della malattia e tanto meno dopo essermi ammalata. Guardando il mare ho pensato che forse funziona un po’ cosi. La vita ti gioca dei brutti scherzi e a volte ti regala delle belle sorprese. Non ci resta che provare a rialzarci ogni volta.

Un giorno ero seduta al bar dell’Ospedale di Candiolo, ero già stata operata, avevo affrontato tutti gli esami peggiori e mi avevano appena illustrato la terapia con interferone. Ero molto scoraggiata, sapevo che sarebbe stata dura e temevo che il periodo di cure sarebbe stato troppo lungo per riuscire a portarlo a termine. Mi lamentai con mio fratello e con Carlo:

– Ma cosa stai dicendo Carla? Ma cosa sono due anni di cure contro una vita ancora possibile.

– Sì, però …

– Però niente. Non capisci … guarda le cose in prospettiva.

– Hai una possibilità, è una gran fortuna.

La prospettiva. Non riuscivo a mettere nulla in prospettiva. E una possibilità. Neppure quella riuscivo a comprendere bene.

Sul podio ho capito quanto avessero ragione Luca, mio fratello, e Carlo. Quanto ero stata fortunata.

Napoli mi ha strizzato l’occhio. Mi ha regalato quella possibilità. Ha compiuto una magia. E io non lo dimenticherò mai.

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